Viviamo anni, giorni, intrisi di contraddizioni e verità brevi: un primo passo potrebbe essere, perché no, dare un nome alle cose, ai nostri limiti? E allora: cos’è uno stereotipo? Cos’è un pregiudizio? Cominciamo. Uno stereotipo è una semplificazione della realtà: da complessa, poliedrica, quale è, questa diventa una cosa sola, uno schema granitico, da utilizzare per dare una forma ad un problema, una questione, uno specifico individuo. Non sorprenderà, quindi, sapere che la scelta della caratteristica da assolutizzare, prendere per buona, esaustiva, ricada sugli aspetti storici o più evidenti e materiali dal punto di vista percettivo: una categorizzazione grossolana ma a suo modo efficace.

Lo stereotipo svolge quindi una doppia funzione: – cognitiva, di semplificazone della realtà; valoriale: di rafforzamento della propria identità sociale, qualsiasi questa possa essere. Vera o presunta. Una volta metabolizzato, lo stereotipo si autoalimenta grazie a specifici meccanismi cognitivi: 1) la selezione delle informazioni, trascurando tutto ciò che disconfermerebbe la propria visione delle cose a favore di ciò che con questa invece collima; 2) l’attribuzione causale: in presenza di elementi in contraddizione con lo stereotipo acquisito, si tenderà a considerare questi come eccezioni a conferma della regola; 3) le profezie che si autoavverano: ritenendo una persona portatrice di uno stereotipo, la si tratterà di conseguenza fino (forse) ad ottenere la risposta desiderata. Accade, non di rado, che lo stereotipo degeneri, aumentando di portata, trasformandosi quindi in pregiudizio: la valutazione, positiva o negativa, di un’intera categoria di individui sulla base non di informazioni precise bensì generalizzazioni. Un esempio noto di pregiudizio è il cosiddetto effetto Pigmalione: dal nome del mitico re di Cipro che scolpì una statua rappresentante il suo ideale di donna, finendo (pare) per innamorarsene.

In una classe, come dimostrato da Rosenthal e Jacobson, può accadere ad esempio che un insegnante, nutrendo aspettative positive su uno studente, finisca per favorirne il rendimento. I due sottoposero una batteria di test, a inizio anno, facendo credere che questi misurassero la rapidità dello sviluppo cognitivo e segnalando poi gli alunni che avevano ottenuto il punteggio più alto. I nominativi erano stati in realtà estratti a sorte, ma ciò nonostante questo bastò a far sì che l’atteggiamento delle insegnanti cambiasse nei confronti di coloro che avevano fatto meglio. Gordon Allport sostiene che alla base del pregiudizio vi siano due processi: categorizzazione e generalizzazione. La categorizzazione è la creazione di categorie, all’interno delle quali collocare le singole informazioni. La generalizzazione è invece l’estensione di un aspetto del gruppo, a tutti gli elementi dello stesso.

Stereotipi e pregiudizi presentano entrambi diversi ambiti applicativi, relativi anzitutto al campo della psicologia sociale: studiarli permette, non a caso, di progettare interventi che favoriscano l’integrazione sociale, per la mediazione interculturale, per l’immigrazione. Il loro studio è anche utile per proporre interventi che riducano il rischio di discriminazioni ed eliminino pregiudizi in ambito scolastico, professionale, sociale.
